Perché non scarichiamo i resti ossei dell’ossario comune in discarica?
Sono addetta alla Polizia mortuaria del Comune di Bellano in provincia di Lecco, Regione Lombardia.
Stando a quanto disposto dal regolamento regionale vigente “svuotare l’ossario comune” significa portare in cremazione i resti ossei e ricollocare le ceneri derivanti nel cinerario comune o disperderle all’interno del cimitero in apposita area.
Mi chiedo:
se i famigliari non si sono mai interessati della destinazione dei resti ossei quando è stata effettuata l’esumazione, perchè il Comune, oltre a sobbarcarsi la spesa per incenerire i resti ossei, deve ancora prendere in carico le ceneri per conservarle nel cinerario comune o disperderle?
I resti ossei non reclamati da nessuno, non possono essere semplicemente smaltiti come rifiuti speciali?
La pietas non dovrebbe essere dimostrata dal Comune ma innanzitutto dai famigliari dei resti dei defunti a mio parere.
Comune di Bellano (LC)
Perché la legge non lo permette perché i resti umani, a qualsiasi stadio di trasformazione siano arrivati, non sono un rifiuto e per una serie di altre ragioni che di seguito vengono esplicitate.
Nel 1934 venne emanato il Testo Unico delle Leggi Sanitarie N. 1265: All’interno della Legge, al Titolo VI “Della polizia mortuaria”, viene stabilita l’istituzione del Cimitero comunale, unico luogo autorizzabile destinato al seppellimento dei cadaveri dei deceduti residenti di quel comune o dei deceduti su quel territorio comunale; la norma dispone anche le modalità di sepoltura di arti e cioè di parti del corpo umano.
Il Comune è una istituzione pubblica e la Gestione Cimiteriale è un “compito di istituto” che prevede la conservazione dei defunti in perpetuo in qualsiasi stato di trasformazione si trovino ed in qualsiasi condizione di interesse o meno da parte dei parenti: si tenga conto che il Comune ha obbligo di sepoltura anche per i defunti di famiglie indigenti od anche di defunti non riconosciuti (anonimi) deceduti nel proprio territorio comunale.
L’art. 67 del Regolamento di Polizia Mortuaria nazionale (DPR N. 285/1990) recita:
‘Ogni cimitero deve avere un ossario consistente in un manufatto destinato a raccogliere le ossa provenienti dalle esumazioni o che si trovino nelle condizioni previste dal comma 5 dell’art. 86 e non richieste dai familiari per altra destinazione nel cimitero. L’ossario deve essere costruito in modo che le ossa siano sottratte alla vista del pubblico’.
Oggi è possibile (DPR 254/2003), cremare i Resti Ossei al fine di reperire più facilmente spazi per la conservazione delle spoglie umane che non sono “carcasse animali” ma derivano dal “cadavere umano”. Quindi se la “carcassa animale” è considerata un rifiuto assimilato al RSU (cioè Rifiuto Solido Urbano, indirizzato all’inceneritore) non è così previsto per il cadavere o per la sua trasformazione intermedia definita Resto Mortale oppure Resto osseo (quale risultato ultimo della scheletrizzazione cadaverica): per il cadavere umano e suoi stadi di trasformazione è prevista la cremazione (e non l’incenerimento) che come noto è un diverso processo.
Nemmeno il DPR 254/2003 ha osato assimilare il cadavere o sue parti riconoscibili a rifiuto; difatti il DPR citato è dispositivo regolamentario del T.U.ll.ss. (Testo Unico Leggi Sanitarie) e non del T.U.A. (Testo Unico Ambientale) ovvero il D.lgs 152/2006.
I resti ossei umani e relative ceneri, a differenza di quelli animali, anche volendo non potrebbero essere accolti in discarica o inceneritore in assenza di classificazione rifiuti, per non toccare l’argomento pietas.
La pietà verso i defunti (pietas) viene garantita penalmente anche nel libro 2° del Nostro Codice Penale, al Titolo V e capo II, che prevede i delitti contro la pietà dei defunti. In esso sono contenuti reati che vanno dalla “violazione di sepolcro” (art. 407), al “vilipendio delle tombe” (art. 408), al “turbamento di un funerale” (art. 409), alla “distruzione di cadavere” (art. 411), all’occultamento (art.412) e all’“uso illegittimo” (art. 413) dello stesso.